COSA VISITARE
Affacciarsi ad Oriente
La sua campagna pare in Primavera
un giardino dell’Eden.
Dal mare la sua riva è un tesoro che scorre.
Il suo nome è Otranto.
Biasimare non si potrebbe chi l’abita.
Se vuoi trascorrere la vita serena
vai ad abitare là.
Ibn Kemal, XVI secolo
Otranto, una città dalle origini remotissime, da sempre considerata la “porta d’Oriente”. Una storia ricca di eventi tragici e drammatici ma una città che ha avuto sempre la forza ed il coraggio di rialzarsi e ricominciare ogni volta da zero. La città più orientale d’Italia fu dapprima conquistata dai Greci e successivamente cadde nelle mani dei Romani, con i quali acquistò un enorme valore. Arditi afferma che <
Nel 544 si registra l’assedio dei Goti, guidati dal re Totila, che qui rimasero fino all’avvento dei Bizantini nel 552. Con Giustiniano, Otranto diventa capoluogo della regione e residenza di governatori civili e militari.
Nel 567 fu la volta dei Longobardi ma la città riuscì a respingerne il violento attacco.
Ma l’elenco dei popoli che si avvicendano nella Terra d’Otranto non si esaurisce qui. Nell’846 furono i barbari Saraceni a prenderne possesso, finché nell’880 Basilio il Macedone si adoperò per scacciarli dal territorio.
I cinque secoli di dominazione bizantina, invece, furono cancellati dai Normanni nell’XI secolo, chiamati in Puglia da Melo da Bari.
Per la sua posizione geografica, Otranto è da sempre considerata il più vicino tragitto per l’Oriente.
I popoli che, nel corso dei secoli, l’hanno dominata si sono anche dati da fare per dotarla di svariati sistemi difensivi… Anche se, secondo Maggiulli, il vero autore delle più importanti fortificazioni fu Federico II. Fu lui infatti a far costruire, nel 1228, il sontuoso castello.
Purtroppo però delle antiche opere medievali è rimasto ben poco: ogni dominazione lascia il suo segno, a volte rinnovando, a volte riedificando, altre volte distruggendo.
Nel 1480 la città evidentemente non era difesa in modo adeguato se l’esercito ottomano riuscì ad entrare, a saccheggiarla e ad occuparla per più di un anno.
<< Una flotta turca, con a bordo numerose soldatesche, veleggiò verso l’Apulia: l’11 di agosto del 1480 Otranto era nelle mani degli infedeli. Dei 22000 abitanti, 12000 furono uccisi coi più orrendi supplizi, gli altri condotti schiavi. Il vecchio arcivescovo, che con eroico coraggio aveva fino all’ultimo implorato all’altare l’aiuto di Dio, fu segato a mezzo al pari del comandante. Le altre nefandezze commesse dai Turchi nella città si possono appena raccontare. Molti prigionieri, che eransi rifiutati di passare all’islamismo, furono trucidati tutti sopra un colle fuori della città e i loro cadaveri gettati in pasto alle bestie (Ludwig von PASTOR, Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo, Desclée, Roma 1942, vol. 2 (1458-1484), p. 530-543)>>.
Nel 1841, Ferdinando I, re di Napoli, mandò il figlio Alfonso, duca di Calabria, a liberare Otranto e vi riuscì dopo due attacchi inferti agli Infedeli.
Alfonso d’Aragona costruì un nuovo Castello con due fortissime torri, una delle quali è chiamata, per l’appunto, Alfonsina. Il Castello che vediamo oggi è opera dei viceré spagnoli: del periodo aragonese sono rimasti solo alcuni tratti delle cortine e una torre nell’angolo sud-ovest. A pianta pentagonale, con tre torri a tre degli angoli, un cortile interno a forma rettangolare, una scala scoperta che ruota intorno al cortile e che conduce ad una terrazzina dalla quale si accede nelle stanze al piano superiore. Una visita ad Otranto non può non prevedere una sosta in questo splendido gioiello della città.
All’interno del castello oggi è possibile assistere a mostre, proiezioni, teatro ed altre manifestazioni culturali soprattutto nel periodo estivo.
Orari e giorni di apertura del Castello:
sabato e domenica
09:30 – 12:30
15:00 – 17:30
Prezzo dei biglietti:
1,00 euro: bambini e oltre 65 anni
2,00 euro: adulti
Ai Normanni si deve, invece, una delle costruzioni più belle ed importanti: la Cattedrale. Ogni pietra di questo edificio narra gran parte della storia di Otranto. I lavori di costruzione ebbero inizio nel 1080 ma la facciata originale non esiste più. Quello che rimane impresso come un fotogramma indelebile nella mente del visitatore è il mosaico pavimentale.
L’opera fu realizzata tra 1163 ed il 1165 da un monaco dell’Abbazia di S. Nicola di Casole in Otranto, il cui nome è Pantaleone: ben 16 metri di mosaico, copre praticamente l’intero pavimento della cattedrale. L’immagine centrale attorno cui ruota l’opera è un maestoso albero che, partendo dalla porta situata nella parte inferiore del mosaico, giunge quasi fin sotto al presbiterio. Il primo pensiero che si affaccia alla mente di chi lo ammira è l’Albero della Vita, anche se diverse e misteriose sono state le interpretazioni nel tempo.
Possiamo definirlo un libro di 600 mq che racconta scene di pace e di guerra, di fede e di superbia, di uomini che ubbidiscono a Dio e di persone che si ribellano alla sua Legge: s’intrecciano fatti tratti dalla storia sacra e quelli tratti sia dalla mitologia che dalla leggenda. Durante la dominazione musulmana, la Cattedrale fu trasformata in Moschea ma, cosa sorprendente, non distrutta. Ammirazione per una tale opera d’arte? Chissà. Resta il fatto che non si può che restarne affascinati.
Adiacente alla navata destra vi è la Cappella dei Martiri: in teche di cristallo sono conservate le reliquie dei testimoni della fede. Ottocento cristiani che, insieme con il vescovo Pendinelli, morirono benedicendo il nome di Dio.
Dunque, ricapitolando e… aggiungendo
Cosa c’è da visitare:
- La Cattedrale consacrata nel 1088 con la facciata romanico-gotica ornata dal rosone rinascimentale e dal portale barocco, nel cui interno si trova il bellissimo pavimento musivo.
- L’edicola Bizantina di San Pietro (sec. X-XII) con i suoi affreschi bizantini e la pianta a croce greca a cupola centrale.
- Il Castello Aragonese costruito all’indomani della liberazione della città dai turchi nel 1481.
- Le Grotte di San Giovanni (sec. XII) complesso di laure poi utilizzato anche come frantoio ipogeo
- La Cripta delle Spezierie (sec. XII) con la sua bella colombaia esterna e le iscrizioni in greco.
- L’ipogeo di Torre Pinta con la sua struttura ipogea che mostra un dromos di 33 metri e numerosi arcosoli.
Gli appassionati e gli avventurosi, invece, hanno a disposizione diversi itinerari turistici per scoprire le bellissime grotte del sud, fra le quali ricordiamo: la Grotta della Piscina e la Grotta del Pastore (detta anche della Pecora).
Porto Selvaggio
Porto Selvaggio, uno dei paradisi del Salento, un posto incontaminato a metà strada tra le marine di Porto Cesareo e Santa Caterina, dove l’uomo non è potuto intervenire soprattutto grazie alla tenacia di un’assessore del comune di Nardò, Renata Fonte; la quale la sua battaglia “personale” l’ha persa: infatti è stata uccisa il 31 Marzo 1984 proprio per difendere ciò in cui credeva. Ma il sacrificio della Fonte non è stato vano, infatti è servito quanto meno a lasciare Porto Selvaggio “selvaggio”.
La spiaggia non è raggiungibile con la macchina, la si lascia sulla statale e si cammina su una strada sterrata per parecchie centinaia di metri; ma ne vale la pena: lo spettacolo che si apre ai visitatori una volta arrivati alla meta è unico e indescrivibile. Ci si tuffa dagli scogli direttamente su un mare assolutamente blu. Per chi soffre il caldo o, semplicemente vuole fare una pennichella, c’è una pineta di fronte agli scogli.
Porto Selvaggio: una battaglia vinta per un posto assolutamente da non perdere!
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